Gratuito patrocinio, Stabilità 2016: i crediti dell’avvocato si compensano con le tasse
Per limitare gli effetti negativi conseguenti ai ritardi dello Stato nei pagamenti dei crediti da gratuito patrocinio, con la Legge di Stabilità 2016 è stata prevista per gli avvocati, che vantano crediti per spese di giustizia nei confronti dello Stato, di porre tali somme in compensazione con quanto dovuto per imposte, tasse e contributi previdenziali.
L’art. 24 Cost. prevede per ogni cittadino il diritto alla difesa quale diritto inviolabile, a garanzia del quale sussiste il riconoscimento dell’assistenza legale gratuita in favore delle persone che non hanno i mezzi necessari per sostenere le spese per promuovere un giudizio o per difendersi dinanzi al giudice.
Per dare concreta attuazione all’art. 24 Cost., è stato introdotto l’istituto del c.d. gratuito patrocinio, disciplinato dal d.P.R. 30.5.2002 n.115 (art.74-141), istituto che garantisce ai non abbienti, che non sono in grado di sostenere i costi della propria difesa, il diritto di farsi assistere da un avvocato, il cui onorario è a carico dello Stato.
Si può fare ricorso al gratuito patrocinio per farsi assistere in sede civile, penale, tributaria, amministrativa, procedure di volontaria giurisdizione, “scegliendo” l’avvocato in appositi elenchi. Non sono previste formalità particolari in quanto la domanda, in carta semplice, può essere presentata (al Consiglio dell’Ordine degli avvocati) personalmente ovvero dal difensore che autenticherà la firma, in ogni stato e grado del processo.
Hanno diritto al gratuito patrocinio sia i cittadini italiani che stranieri, il cui nucleo familiare sia titolare di un reddito imponibile non superiore ad un determinato importo, aggiornato ogni due anni (allo stato, il reddito è di € 11.528,41 lordi), e per reati particolari prescindendosi dal reddito.
Il funzionamento dell’istituto del gratuito patrocinio, in questi ultimi anni è stato inficiato dalla eccessiva lentezza del pagamento degli importi delle parcelle dovute da parte dello Stato a seguito dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, con ritardo nei pagamenti anche oltre i 24 mesi. L’eccessivo ritardo nel pagamento delle competenze liquidate nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato, rischia, però, di depotenziare l’istituto del gratuito patrocinio, preposto a garantire il rispetto dei principi costituzionali del diritto alla difesa e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Per limitare gli effetti negativi conseguenti ai ritardi dello Stato nei pagamenti dei crediti da gratuito patrocinio, con la legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 778, della l. 28.12.2015 n. 208), sono state introdotte norme tese a rafforzare l’effettività e l’efficacia dell’istituto del gratuito patrocinio, prevedendo per gli avvocati che vantano crediti per spese di giustizia nei confronti dello Stato, di porre tali somme in compensazione con quanto dovuto per imposte, tasse e contributi previdenziali, rendendo così più appetibile per i legali il ricorso all’istituto del gratuito patrocinio.
La nuova disciplina del “pagamento” dei compensi per gratuito patrocinio.
Con la pubblicazione della l. 28.12.2015 n. 208 (in Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30.12.2015), è stata incentivata la scelta del gratuito patrocinio da parte dell’avvocato, prevedendo:
– per l’avvocato, la possibilità di compensare la propria parcella liquidata tramite il gratuito patrocinio con ogni importo e tassa dovuta allo Stato, pagando così meno tasse;
– per la parte meno abbiente, la possibilità di scegliere in un “bacino” più ampio di avvocati (senza avvocati disponibili ad offrire il loro ministero non vi può essere effettiva giustizia).
Infatti, l’art. 1, comma 778, l. n. 208/15, prevede che a decorrere dall’anno 2016 i soggetti che vantano crediti per spese, diritti e onorari di avvocato, sorti per assistenza e difesa per gratuito patrocinio di cui al d.P.R. 30.5.2002 n. 115, sono ammessi alla compensazione con quanto da essi dovuto per ogni imposta e tassa, sia pure con alcuni limiti “quantitativi”.
In pratica, per gli avvocati che hanno crediti per spese, diritti e onorario da gratuito patrocinio, viene ammessa la compensazione di questi ultimi con quanto dai soggetti stessi dovuto all’erario per ogni imposta e tassa, compresi l’Iva, nonché al pagamento dei contributi previdenziali per i dipendenti mediante cessione anche parziale dei predetti crediti entro il limite massimo pari all’ammontare dei crediti stessi, aumentato dell’IVA e del contributo previdenziale per gli avvocati.
Certamente la riferita normativa rafforzerà l’effettività e l’efficacia dell’istituto del gratuito patrocinio, la cui importanza è cresciuta in questi ultimi tempi a causa della crisi economica che ha costretto persone non abbienti a farvi ricorso. La normativa rappresenta nel contempo anche una “boccata d’ossigeno” per l’Avvocatura, in quanto da una parte i loro redditi in questi ultimi anni si sono notevolmente ridotti, e dall’altra hanno sempre più difficoltà ad “incassare” dallo Stato in tempi ragionevoli quanto loro spettante per compenso da gratuito patrocinio.
La nuova disciplina della compensazione dei crediti da gratuito patrocinio con le tasse decorre dall’anno 2016, entro il limite di spesa di 10 milioni di euro annui.
Per l’effettività della compensazione, la legge n. 208/2015 (art. 1, comma 778) prevede, però, espressamente che con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, da emanare entro 60 giorni, sono stabiliti criteri, priorità e modalità per l’attuazione delle misure (di cui al comma 778) e per garantire il rispetto del limite di spesa dei 10 milioni annui (è l’importo “vicino” a quello che lo Stato ha sopportato negli ultimi anni per coprire le spese del gratuito patrocinio).
L’emanando decreto interministeriale dovrà, quindi, prevedere i criteri e le modalità per poter effettuare la compensazione, e quali “crediti” poter compensare.
Stante il limite di spesa di 10 milioni (comunque da rispettare), ed i crediti da gratuito patrocinio degli avvocati che sono lievitati in questi ultimi anni, è difficile che “tutti” gli avvocati rientreranno nel beneficio della compensazione; comunque, il giudizio sulla normativa in questione è “rimandato” all’emanando decreto interministeriale che, come detto, dovrà stabilire, criteri, priorità e modalità per la compensazione di cui all’art.1, comma 778, l.n.208/15 e per garantire il rispetto del limite di spesa dei 10 milioni di euro annui.
I crediti da gratuito patrocinio “compensabili”
Sono ammessi a compensazione ex art. 1, comma 778, l. n.208/2015, i crediti per spese, diritti e onorari di avvocati da gratuito patrocinio ex d.P.R. n.115 del 2002, in qualsiasi data maturati e non ancora saldati.
Sono, quindi, ammessi a compensazione anche i crediti maturati antecedentemente al 2016 e non ancora saldati (e, comunque, non contestati).
La compensazione è prevista con un limite pari all’ammontare dei crediti stessi, aumentato dell’Iva e del contributo previdenziale per la cassa forense.
Condizione per la compensazione è che deve trattarsi di crediti maturati e non ancora saldati, e comunque crediti per i quali non è stata proposta opposizione ai sensi dell’art.170 del d.P.R. n. 115 del 2002 (cioè per quei crediti per i quali non è stata presentata contestazione).
E’ ammessa anche la compensazione parziale. Infatti, è espressamente previsto che la compensazione (o la cessione) dei crediti può essere effettuata anche parzialmente ed entro un limite massimo pari all’ammontare dei crediti stessi, aumentato dell’IVA e del contributo previdenziale per gli avvocati.
L’avvocato può compensare il credito da gratuito patrocinio con quanto da lui dovuto per ogni imposta e tassa, compresa l’imposta sul valore aggiunto (IVA), nonché per il pagamento dei contributi previdenziali per i dipendenti mediante cessione, anche parziale, dei crediti da gratuito patrocinio, entro il limite massimo pari all’ammontare dei crediti stessi, aumentato dell’iva e del contributo previdenziale per gli avvocati.
In ordine alla possibilità per l’avvocato di pagare anche i contributi previdenziali dovuti alla cassa forense con i crediti derivanti dal gratuito patrocinio, nulla “dice” il citato comma 778 dell’art.1, l. n. 208/15, limitandosi la norma ad affermare che la compensazione è ammessa con quanto dovuto per ogni imposta e tassa… “nonché al pagamento dei contributi previdenziali per i dipendenti mediante cessione, anche parziale, dei predetti crediti….”. Poiché la norma parla di cessione del credito, è da ritenersi che, concordando le parti, nulla vieta di cedere il credito da gratuito patrocinio per il pagamento anche dei contributi previdenziali alla cassa forense. E’ da evidenziare, però, che solo all’avvocato spetta la scelta se cedere o meno i crediti da gratuito patrocinio per pagare o meno i contributi alla cassa. Occorre evidenziare che in caso di cessione parziale dei crediti da gratuito patrocinio, il compenso residuo va “accreditato” all’avvocato.
Le riferite cessioni, come prevede espressamente, la norma, sono esenti da ogni imposta di bollo e di registro.
fonte: http://www.studiocataldi.it/