Decreto semplificazioni 2021: tutte le novità

Decreto semplificazioni 2021: il testo è stato pubblicato in Gazzetta il 31 maggio 2021. Vediamo quali sono le novità più importanti

Il Consiglio dei Ministri, riunitosi venerdì 28 maggio 2021 ha approvato il decreto semplificazioni 2021, pubblicato in Gazzetta il 31 maggio 2021, che reca disposizioni importanti relative al Piano di Ripresa e Resilienza e alcune importanti misure finalizzate al rafforzamento della PA e allo snellimento delle procedure.

Tante e significative le semplificazioni, tra le quali la quota del 50% dell’importo complessivo del contratto lavori, servizi e forniture per quanto riguarda i subappalti (in deroga alle disposizioni vigenti che stabiliscono il limite del 30%) fino al 31 ottobre 2021, con eliminazione totale dei limiti quantitativi a partire dal primo novembre. A seguire la semplificazione delle procedure per accedere al Superbonus ed l’estensione della misura ai lavori finalizzati a rimuovere le barriere architettoniche, infine regole più snelle per l’installazione della fibra ottica nei beni immobili.

Novità Superbonus 110%

Una delle misure di maggiore interesse su cui interviene il decreto semplificazioni è l’art. 119 del decreto rilancio n. 34/2020, al quale vengono apportate le seguenti modificazioni:

  • semplificate le procedure per consentire l’accesso al Superbonus in caso di lavori di efficientamento energetico degli edifici;
  • estensione del Superbonus alle opere finalizzate alla eliminazione delle barriere architettoniche;
  • per le opere di manutenzione straordinaria realizzabili mediante comunicazione di inizio lavori asseverata, il testo dispone che per la presentazione della CILA non è necessaria l’attestazione dello stato legittimo art. 9-bis, comma 1- bis del dPR n. 380/2001;
  • alla detrazione possono accedere anche ospizi, case di cura, caserme e ospedali.

La decadenza dal credito d’imposta è previsto anche nei casi in cui per gli interventi non è stata presentata la Cila e quando le opere non sono state eseguite conformemente alla stessa.

Nuove regole per appalti e subappalti

Per quanto riguarda gli interventi e le opere finalizzate a dare attuazione al PNRR si prevede un affidamento unico che coniuga la progettazione e la realizzazione concreta dell’opera, che deve tenere conto del progetto di fattibilità economica e tecnica. L’aggiudicazione avviene in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, senza trascurare però gli aspetti qualitativi, come specificato nel decreto.

Alle aziende che occupano più di 15 dipendenti e che partecipano alle gare per le opere del PNRR vengono riconosciuti punteggi aggiuntivi se si impegnano a impiegare donne e giovani sotto i 35 anni, se nell’ultimo triennio hanno rispettato la parità di genere e se adottato misure per promuovere la pari opportunità per giovani e donne nelle assunzioni, nei ruoli apicali e nel livello delle retribuzioni.

Accorpata la banca dati degli operatori economici a quella dei contratti pubblici sotto la gestione da ANAC (autorità nazionale anti-corruzione) per garantire la massima trasparenza e controlli più rapidi ed efficaci dei soggetti partecipanti da parte della stazione appaltante.

Fino al 31 ottobre 2021 il subappalto non può superare il 50% dell’importo totale del contratto stipulato per lavori, forniture e servizi. Vietata la cessione integrale del contratto di appalto e l’affidamento a terzi della esecuzione dei lavori e l’esecuzione prevalente per quelle opere che prevedono un’alta intensità di manodopera. Il subappaltatore deve garantire gli stessi livelli di qualità e prestazioni del contraente principale. I dipendenti devono beneficiare infine dello stesso trattamento di quelli che gli sarebbero stati riconosciuti dal contraente principale, compresa l’applicazione dei contratti collettivi.

Dal primo di novembre 2021 cade poi ogni limite per i subappalti, anche se da quel momento le stazioni appaltanti sono tenute a specificare nei documenti quali prestazioni dovranno essere seguite esclusivamente dall’aggiudicatario a causa della loro specificità tecnica e quelle che richiederanno un controllo più attento del cantiere per tutelare i lavoratori, la loro sicurezza e scongiurare l’infiltrazione da parte della mafia. Il tutto a condizione che i subappaltatori non siano iscritti nelle liste bianche o presso l’anagrafe antimafia.

Ambiente ed economia circolare

Ridotta a 130 giorni la durata massima per la valutazione d’impatto ambientale dei progetti del PNRR, di quelli finanziati dal fondo complementare e di quelli che attuano il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC).

Istituita presso il ministero della Cultura una Soprintendenza speciale per tutelare i beni culturali e paesaggistici coinvolti dagli interventi del PNRR.

Per attuare anche gli interventi previsti dal PNRR , il decreto semplificazioni, mette poi a punto poi tutta una serie di semplificazioni finalizzate a promuovere l’attività di recupero nella gestione dei rifiuti in una visione di economia circolare. Particolare attenzione viene dedicata alle ceneri vulcaniche, agli articoli pirotecnici e ai rifiuti degli stessi.

Le attività di manutenzione straordinaria e di ripristino delle opere di sistemazione idraulica forestale nelle aree montane e collinari ad alto rischio idrogeologico e di frana sono invece esenti dall’autorizzazione idraulica e dall’autorizzazione per il vincolo idrogeologico.

Le azioni di manutenzione straordinaria e di ripristino delle opere di sistemazione idraulica forestale nelle aree montane e collinari ad alto rischio idrogeologico e di frana invece non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica.

Transizione digitale (delega Spid)

Una delle norme più interessanti della transizione digitale prevede invece l’istituzione del Sistema di gestione deleghe (SGD), affidato alla struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale. Sistema che consente a chiunque di delegare l’accesso a uno o più servizi a un soggetto titolare dell’identità digitale con livello di sicurezza almeno significativo.

In pratica grazie a questo strumento, le persone che hanno meno confidenza con i sistemi informatici e lo Spid, come i più anziani, potranno conferire la delega a una persona di fiducia che in questo modo potrà agire per il titolare e avere accesso ai servizi Pa.

Prevista anche una semplificazione di dati pubblici e tutta una serie di misure finalizzate a semplificare il procedimento di autorizzazione per poter procedere all’installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica e agevolare l’infrastrutturazione digitale degli immobili.

Semplificazione del procedimento amministrativo

Importanti anche le norme finalizzate a semplificare il procedimento di cui alla legge n. 241/1990 soprattutto attraverso il rafforzamento del potere sostitutivo in caso d’inerzia e del meccanismo del silenzio assenso che vale come accoglimento.

Per quanto riguarda il potere sostitutivo la norma prevede prima di tutto che l’organo di governo debba individuare un soggetto, tra le figure apicali dell’amministrazione o di unità organizzativa, a cui attribuire il potere sostitutivo in caso d’inerzia. Soggetto che, una volta decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, avrà il compito di esercitare il potere sostitutivo e concluderlo entro un termine pari alla metà di quello previsto in origine, attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

Il silenzio assenso invece viene rafforzato attraverso il rilascio, su richiesta del privato e in modalità telematica, di un’attestazione che deve dichiarare l’avvenuto decorso dei termini del procedimento e l’intervenuto accoglimento della domanda. Trascorsi dieci giorni dalla richiesta, se l’attestazione non viene rilasciata, può essere sostituita da una dichiarazione del privato.

fonte: http://www.studiocataldi.it/

Decreto sostegni bis: tutte le misure

Ecco tutte le misure contenute nel decreto sostegni bis, dai contributi a fondo perduto al rinvio delle cartelle agli aiuti per le famiglie.

Pubblicato in Gazzetta del 25 maggio 2021 e in vigore dal giorno successivo il decreto n. 73/2021 (sotto allegato) approvato in Consiglio dei Ministri su proposta del Premier Mario Draghi, noto come Decreto Sostegni Bis.

Grazie all’autorizzazione dello stanziamento di 40 miliardi di euro da parte del Parlamento è quindi possibile mettere in atto ulteriori misure per contrastare la diffusione del contagio e combattere contro le ripercussioni negative che la pandemia ha inevitabilmente prodotto a livello sociale ed economico. Con questo provvedimento si interviene soprattutto nelle seguenti aree: imprese, accesso al credito e liquidità, salute, lavoro e politiche sociali, aiuti agli enti territoriali, scuola, ricerca e giovani e interventi di carattere settoriale.

Attenzione anche per gli enti territoriali in difficoltà, per i quali sono previsti aiuti per il trasporto pubblico locale e per compensare le minori entrate dell’imposta di soggiorno. A queste si aggiunge l’istituzione di un Fondo che servirà per risanare quei Comuni che presentano un disavanzo strutturale. Finanziamento straordinario poi per consentire ad Alitalia la continuità operativa e gestionale. Ora però vediamo quali sono le misure più importanti del Sostegni Bis.

Contributi a fondo perduto e bonus affitti

Tra le misure più importanti ,del decreto sostegni bis, ci sono senza dubbio i contributi a fondo perduto che possono disporre di uno stanziamento di 15,4 miliardi. Come previsto dai precedenti decreti, i destinatari sono soprattutto partite Iva e imprese. Contributi che si dividono nelle seguenti categorie principali:

– Contributi a fondo perduto automatici, ossia senza bisogno di riproporre domanda specifica, uguali a quelli previsti dal primo decreto sostegni.

– Contributi a fondo perduto alternativi, per i soggetti che svolgono attività d’impresa, arte o professione o che producono reddito agrario, titolari di partita IVA residenti o stabiliti nel territorio dello Stato. Contributo che viene riconosciuto “a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo dal 1° aprile 2020 al 31 marzo 2021 sia inferiore almeno del 30 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo dal 1° aprile 2019 al 31 marzo 2020.”

– Ristori a conguaglio per i titolari di reddito agrario e peri soggetti con ricavi o compensi non superiori a 10 milioni di euro nel secondo periodo d’imposta antecedente a quello di entrata in vigore del presente decreto a condizione che vi sia un peggioramento del risultato economico d’esercizio relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, rispetto a quello relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, in misura pari o superiore alla percentuale definita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Fondo per le attività economiche chiuse

Istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico il “Fondo per il sostegno alle attivita’ economiche chiuse”, con una dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2021.

Bonus affitti e tagli ai costi fissi

Per sostenere le imprese si interviene anche tagliando i costi fissi attraverso le seguenti iniziative:

– credito d’imposta per canoni di locazione e affitto d’immobili a uso non abitativo per soggetti che esercitano attivita’ d’impresa, arte o professione,

con ricavi o compensi non superiori a 15 milioni di euro nel secondo periodo d’imposta antecedente a quello di entrata in vigore del

presente decreto, agli enti non commerciali (compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti) in relazione ai canoni

versati con riferimento a ciascuno dei mesi da gennaio 2021 a maggio 2021;

– per le imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e i tour operator, il credito d’imposta spetta fino 31 luglio 2021;

– esenzione Tari per gli esercizi commerciali e le attività economiche particolarmente colpite dalla pandemia;

– contributo per il pagamento delle bollette elettriche purché diverse dagli usi domestici fino a luglio 2021;

– rinvio a gennaio 2022 dell’entrata in vigore della plastic tax.

Aiuti anche per il settore dello sport, della moda, del tessile e di altri settori particolarmente colpiti dalla pandemia.

Credito e liquidità per le imprese

Alle imprese è poi dedicato il titolo IV del decreto contenente le misure per l’accesso al credito e alla liquidità come la garanzia Fondo PMI grandi portafogli di finanziamenti a medio-lungo termine per progetti di ricerca e sviluppo e programmi d’investimento, le misure per il sostegno alla liquidità delle imprese, la tassazione capital gain start up innovative, lo sviluppo di canali alternativi di finanziamento delle imprese, la proroga della moratoria e altro ancora.

Nuovo rinvio per le cartelle fino a giugno

Un’altra proroga per l’attività di riscossione dal 30 aprile 2021 fino al 30 di giugno. Non verranno quindi notificate per il momento ben 40 milioni di cartelle esattoriali. Stesso termine di rinvio per la sospensione dei pignoramenti che riguardano le quote di stipendi e pensioni.

Misure per il lavoro

Al lavoro sono dedicate importanti misure come il contratto di rioccupazione, il contratto di espansione e i contratti di solidarietà. Una delle misure più interessanti però è rappresentata senza dubbio dalla istituzione delle “Scuole dei mestieri” finalizzate a formare le figure specializzate più richieste dai vari centri industriali del territorio. Potenziate infine le attività di prevenzione e per la vigilanza e la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Blocco dei licenziamenti

I datori di lavoro privati che dal 1 luglio 2021 sospenderanno o ridurranno l’attività lavorativa e presenteranno domanda d’integrazione salariale non potranno avviare le procedure di mobilità per tutta la durata del trattamento d’integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021. Sospese anche per lo stesso periodo le procedure pendenti, avviate successivamente al 23 febbraio 2020. Nel testo non compare la norma che prevedeva la proroga del blocco fino al 28 agosto.

Esenzione ticket per malati Covid

Fondi per garantire l’esenzione dal ticket per chi è stato colpito dal Covid e soffre di postumi che richiedono esami e cure ulteriori.

Iniziative internazionali per il finanziamento dei beni pubblici globali in materia di salute e clima, incentivi al processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del Servizio sanitario nazionale, misure finalizzate allo sviluppo della sanità militare e della capacità produttiva nel settore vaccinale e antidotico, intensificazione dell’attività della ricerca e dello sviluppo dei vaccini, crediti d’imposta per chi sanifica e acquista dispositivi di protezione,

potenziamento dei servizi territoriali e ospedalieri di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza e reclutamento straordinario psicologi a sostegno dei più giovani.

Assunzioni nella scuola

Programmato un piano di assunzioni di 70.000 docenti, di cui 49.000 provenienti dal concorso straordinario e dalle graduatorie già esistenti, gli altri invece sono precari con 3 anni di servizio alle spalle che otterranno un contratto di un anno e la promessa di essere assunti nel 2022/2023 a condizione che superino un test finale da sostenere dopo un periodo di prova.

Previsto anche un concorso rapido per insegnanti nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics) che prevede un test a risposta multipla, un’orale e la valutazione dei titoli in possesso. Il tutto entro il 31 agosto, per consentire l’assegnazione delle cattedre a partire da settembre per l’inizio del nuovo anno scolastico.

Agli studenti invece sono dedicate le misure per favorire le opportunità e per il contrasto alla povertà educativa, alla prevenzione e contrasto al disagio giovanile.

Turismo e città d’arte

Diversi i miliardi che il decreto sostegni bis vuole destinare al turismo, alle categorie dei tour operator, alle guide turistiche, alle strutture ricettive e alle agenzie viaggi. Altrettanto importanti anche gli aiuti per le città d’arte, che rappresentano dei veri e propri poli turistici, le indennità una tantum per il lavoratori stagionali e per quelli dello spettacolo e gli sgravi relativi al pagamento dei contributi per gli operatori delle terme, del turismo e del commercio.

Incrementato per l’anno 2021 il fondo per i Comuni a vocazione montana, assegnato alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per essere erogato in favore delle imprese turistiche.

Proroga Rem e bonus prima casa giovani

Rinnovato per altri 4 mesi il reddito di emergenza in relazione alle mensilità che vanno da giugno a settembre 2021. Altri fondi saranno invece destinati ai Comuni affinché possano continuare a erogare buoni spesa alle famiglie più bisognose e ad aiutarle nel pagamento dell’affitto e delle bollette. Altri fondi anche per i centri estivi e ad altre iniziative per i ragazzi con partenza dal mese di giugno.

Il Decreto sostegni bis pensa anche ai giovani che vogliono mettere su casa, prevedendo importanti agevolazioni fiscali per chi ha un ISEE fino a 40.000 euro e ampliando la copertura del Fondo Garanzia Prima casa fino all’80%.

fonte: http://www.studiocataldi.it/

Bonus prima casa per gli under 36

Il Decreto Sostegni bis, in vigore dal 26 maggio 2021, prevede un bonus prima casa per gli under 36. Domande dal 24 giugno.

Bonus prima casaDecreto Sostegni bis n. 73/2021, pubblicato in Gazzetta il 25 maggio e in vigore dal giorno successivo, contiene, tra le varie novità, il bonus prima casa per gli under 36.

L’art. 64 del decreto, al comma 2, sostituisce il comma 48, lettera c) dell’art. 1 della legge n. 147/2013, che prevedeva il beneficio  per coloro che non avevano ancora compiuto i 35 anni di età a quelli “che non hanno compiuto trentasei anni di età.”

Il comma 1 invece dispone la proroga fino al 31 dicembre 2021 delle misure contemplate dall’art. 54 comma 1 del Cura Italia n. 18/2020 convertito dalla legge n. 27/2020.

Garanzia all’80% della quota capitale

Per le domande che verranno presentate a partire dal 30° giorno successivo all’entrata in vigore della disposizione contenuta nel decreto sostegni bis (ossia a partire dal 24 giugno prossimo e fino al 30 giugno 2022), per quanto riguarda le categorie che hanno la priorità per accedere al credito garantito dal Fondo Garanzia prima casa, in possesso di un indicatore ISEE che non superi i 40.000 euro, la misura della garanzia è elevata all’80% della quota capitale.

Per questo il Fondo di garanzia per la prima casa per il 2021 è incrementato di una dotazione di 290 milioni di euro e di 250 milioni per il 2022.

Esenzioni e credito d’imposta

La norma dispone inoltre che gli atti che trasferiscono a titolo oneroso la proprietà di “prime case” di abitazione, fatta eccezione per quelle appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9 e gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse sono esonerati dai pagamenti dell’imposta di registro e dalle imposte ipotecaria e catastale se stipulati a favore di soggetti che non hanno ancora compiuto 36 di età nell’anno del rogito e che hanno un ISEE che non supera i 40.000 euro annui.

Se poi i suddetti atti sono soggetti a IVA, gli acquirenti che non hanno ancora compiuto 36 anni di età beneficiano di un credito d’imposta dello stesso valore dell’imposta sul valore aggiunto corrisposta per l’acquisto. Credito d’imposta che può essere:

  • “portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito”;
  • “utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data dell’acquisto;
  • “portato in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.”

Il suddetto bonus si applica agli atti stipulati nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della presente disposizione e il 30 giugno 2022.

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Mantenimento figli maggiorenni: l’assegno si versa al genitore convivente

Mantenimento figli maggiorenni: l’assegno si versa al genitore convivente.                                                                                                                      Per la Cassazione, in assenza di domanda del figlio maggiorenne e non autosufficiente, è corretto che il mantenimento venga versato al genitore con lui convivente che materialmente provvede a tale mantenimento.

Il genitore tenuto a versare l’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente, che convive con l’altro genitore, non ha possibilità di scegliere la persona nei cui confronti adempiere.

Sia il figlio, titolare del diritto al mantenimento, sia il genitore con cui questi convive, che ha diritto a ricevere dall’altro genitore un contributo per le spese necessaria a tale mantenimento cui materialmente provvede, sono titolari di diritti autonomi ed entrambi sono legittimati a percepire l’assegno.

È dunque corretto che, in assenza di una espressa domanda del figlio maggiorenne, il padre sia tenuto a versare l’assegno di mantenimento alla madre con cui coabita il figlio stesso.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con l’ordinanza 18008/2018 respingendo il ricorso di un padre. In sede di divorzio dalla ex, a carico dell’uomo era stato posto l’obbligo di versare un contributo di tremila euro per il mantenimento dei tre figli della coppia, tutti maggiorenni.

Di tale somma veniva disposto il pagamento diretto di euro 1000,00 ciascuno in favore di due dei figli e l’uomo aveva lamentato, in sede d’appello, che il Tribunale avesse disposto il versamento diretto del contributo per il terzo figlio a favore della madre con lui convivente.

Secondo la Corte territoriale, infatti, la regola della corresponsione diretta della somma a titolo di contributo al mantenimento al figlio maggiorenne, ma non economicamente sufficiente (cfr. art. 337-septies c.c.) è suscettibile di deroga qualora il figlio coabiti con uno dei genitori, considerati gli oneri della convivenza gravanti su quest’ultimo.

Pertanto ha concluso il giudice a quo, sia il figlio non autosufficiente coabitante con il genitore, sia quest’ultimo sono entrambi legittimati a percepire la somma dovuta, salvo il figlio vi faccia specificamente domanda.

La stessa doglianza viene riproposta dall’ex marito in Cassazione: per la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato a disporre il versamento diretto alla madre del mantenimento dovuto al figlio maggiorenne sulla base della sola convivenza, senza che sussistessero gravi e motivate ragioni per escludere il versamento diretto al figlio, da intendere quale unico legittimato a percepire tale somma.

Tuttavia, gli Ermellini ritengono di aderire al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il genitore separato o divorziato tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l’altro genitore, non può pretendere, in mancanza di una specifica domanda del figlio, di assolvere la propria prestazione nei confronti di quest’ultimo anziché del genitore istante.

Anche a seguito dell’introduzione dell’art. 155-quinquies c.c. a opera della legge n. 54/2006, prosegue l’ordinanza, sia il figlio, in quanto titolare del diritto al mantenimento, sia il genitore con lui convivente, in quanto titolare del diritto a ricevere il contributo dell’altro genitore alle spese necessarie per tale mantenimento cui materialmente provvede, sono titolari di diritti autonomi, ancorché concorrenti, sicché sono entrambi legittimati a percepire l’assegno dall’obbligato (cfr. Cass., n. 25300/13; ord. n. 24316/13).

Ne deriva, conclude la Cassazione, che il genitore obbligato non ha alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere. La Corte, pertanto, rigetta il ricorso.

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Avvocato accusato ingiustamente d’infedeltà: Risarcito

Per la Cassazione il danno non patrimoniale è dovuto per il turbamento della vita personale e professionale dell’avvocato provocato dalla diffusione della falsa notizia nel piccolo paese.

Il paese è piccolo, la gente mormora. Un assunto che può può risultare corretto al punto da giustificare il risarcimento del danno non patrimoniale all’avvocato accusato ingiustamente da un abitante del paese di aver avuto una relazione coniugale con sua moglie.

Chi ha diffuso la notizia, infatti, ha cercato di avvalorarla facendo ascoltare a tutti, compreso il parroco della città, un falso file audio con voci maschili e femminili che suggeriva riferibili a quella dell’avvocato e della moglie. La diffusione della notizia, il “cicaleccio” tra i compaesani e il clamore suscitato, hanno provocato nel professionista un turbamento alla sua vita personale e professionale tale da giustificare il risarcimento.

A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell’ordinanza n. 17580/2018 pronunciandosi sul ricorso di un uomo condannato, dai giudici di merito, a risarcire un avvocato per aver diffuso la falsa notizia che il professionista intrattenesse una relazione extraconiugale con sua moglie.

Il legale, già coniugato, aveva chiesto e ottenuto risarcimento danni evidenziando come la notizia avesse avuto ampia eco nella piccola comunità locale e avesse leso il suo onore e la sua reputazione oltre che turbato la sua vita familiare e professionale.

In particolare, come rilevato dalla Corte d’appello, l’uomo aveva inciso su un nastro una voce maschile e una femminile e aveva fatto ascoltare la registrazione a varie persone, tra cui il parroco del paese, dando volutamente a intendere che le voci ivi registrate fossero quelle dell’avvocato e della presunta amante, ovvero sua moglie.

La notizia di tale presunta relazione ebbe grande scalpore sia nel luogo di residenza dei protagonisti, sia nei paesi limitrofi, venne ripresa dalla stampa locale, e continuò per molto tempo a suscitare i più diversi commenti provocando serio turbamento alla vita professionale e familiare dell’avvocato, coniugato con prole.

In Cassazione, l’uomo contesta il risarcimento per cui è stato condannato evidenziando che il danno sia stato erroneamente ritenuto in re ipsa, mentre sarebbe stato necessario dimostrate il concreto pregiudizio derivato all’avvocato e, in ogni caso, stimare il danno tenendo conto delle condizioni economiche del debitore.

In realtà, rilevano gli Ermellini, il giudice a quo ha ampiamente e correttamente illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente un danno non patrimoniale risarcibile.

La Corte territoriale, infatti, ha dato conto analiticamente degli elementi di fatto dai quali ha desunto l’esistenza d’un turbamento dell’animo dell’attore, e quindi d’un danno non patrimoniale: ovvero la diffusione avuta dalla notizia, il clamore che suscitò, i cicalecci prolungati tra i compaesani, le voci sulla probabilità d’un imminente divorzio dalla propria consorte.

La sentenza, dunque, non ha affatto liquidato il danno non patrimoniale sulla base della sola dimostrazione della lesione del diritto, ma ha al contrario accertato in concreto l’esistenza d’un pregiudizio non patrimoniale facendo ricorso, correttamente, a indici esterni e a presunzioni semplici ex art. 2727 del codice civile.

Nonostante la Corte d’appello abbia affermato che la gravità della notizia diffusa “potrebbe considerarsi un
danno in re ipsa” questa, ha fatto uso del condizionale con valore concessivo e ha comunque elenca analiticamente i fatti noti dai quali è risalita al fatto ignorato dell’esistenza del danno.

In sostanza, i giudici a quo non hanno affatto liquidato un danno presunto, ma un danno accertato in concreto. In definitiva, secondo la Cassazione, è come se la Corte avesse stabilito: “avrei anche potuto ritenere il danno in re ipsa, ma non l’ho fatto perché comunque esso era evidente e tangibile”. Il ricorso va dunque rigettato.

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Telefonia: legittimo il recesso se non c’è la “portabilità”

Telefonia: legittimo il recesso se non c’è la “portabilità”.

La Cassazione ricorda che nelle controversie con i gestori di telefonia mobile e fissa, la qualificazione dei contraenti, “consumatore” e “professionista”, è valutazione necessaria ai fini della decisione, ed è esercitabile anche d’ufficio.

Intervento della Cassazione sui contratti di telefonia conclusi dai consumatori. La S.C. ricorda che al al fine di valutare l’esistenza di clausole abusive che possono modificare il rapporto di interdipendenza tra prestazione e controprestazione, cd. sinallagma contrattuale, nei contratti intercorsi tra le parti in causa, è necessario valutare la qualità dei contraenti, apprezzamento riservato al giudice di merito, che può provvedervi anche d’ufficio.

Tanto ai fini dell’applicazione della particolare disciplina prevista dagli artt. 1469 bis e seguenti del codice civile, posta a tutela del “consumatore” contraente debole.

A tal proposito, va rammentato, infatti, che per “consumatore” s’intende la persona fisica che, a prescindere dall’attività imprenditoriale o professionale svolta, stipuli un contratto per soddisfare proprie esigenze di vita quotidiana comunque estranee all’attività esercitata.

Il “professionista”, invece, contraente “forte”, può essere sia la persona fisica che quella giuridica, pubblica o privata, che, al contrario, stipula tale contratto nell’esercizio della sua attività imprenditoriale o professionale, in altri termini, conclude il contratto per scopi connessi all’esercizio di tale attività imprenditoriale o professionale.

Questi i principi di diritto affermati dalla Corte di Cassazione, III Sezione civile, nella sentenza n. 17586, pubblicata in data 5 luglio 2018.

Un utente della telefonia mobile evocò in giudizio il gestore telefonico al fine di sentire dichiarato risolto il contratto di telefonia per grave inadempimento dello stesso, con condanna al risarcimento dei danni subiti.

A sostegno delle proprie pretese evidenziava di aver sottoscritto una proposta di abbonamento per telefono mobile, con richiesta di portabilità della numerazione dal precedente gestore (Mobile Number Portability – MNP), ma che, tuttavia, detto servizio non era mai stato attivato dal nuovo gestore, con tutte le conseguenze del caso.

Il Giudice di pace di Roma accoglieva la domanda dell’attore, rigettando vieppiù quella riconvenzionale spiegata dall’operatore telefonico, tuttavia, sul gravame da questi interposto, il Tribunale di Roma, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda dell’utente, con condanna dello stesso al pagamento delle fatture insolute.

L’utente della telefonia propone allora ricorso per cassazione affidato a otto motivi, tra cui, la violazione e falsa applicazione degli artt. 33, 1° e 2°comma, lett. B, 34 1° comma e 5, 20,21,22 del Codice del Consumo, oltre che dell’art. 3 della Direttiva CEE 13/1993, lamentando che il Tribunale avrebbe omesso di valutare la sua qualifica di consumatore, ritenuta invece dal primo giudice.

Resiste con controricorso la compagnia telefonica che chiede il rigetto del ricorso.

La Suprema Corte premette come la controversia ha avuto inizio in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lvo 206/2005, pur se all’epoca dei fatti i contratti stipulati dai consumatori godevano della tutela apprestata dall’art. 25 della L. 52/1996, attuativa della Direttiva 93/13/CEE, che ha introdotto gli artt. 1469 bis, ter, quater, quinquies e sexies Cc, poi sostituiti dal menzionato Decreto Legislativo n. 206/2005, il cui contenuto, tuttavia, è sostanzialmente sovrapponibile.

Rileva quindi la Corte che il Tribunale, effettivamente, nel riformare la sentenza di primo grado, che aveva qualificato l’attore come “consumatore”, ha omesso di formulare qualsivoglia valutazione in relazione alla qualità del contraente, pur in presenza di una determinata contestazione.

Afferma, conseguentemente, che al <<riguardo, precisato che la qualificazione dei contraenti appare decisiva al fine di individuare la regola del caso concreto, si osserva che questa Corte ha avuto modo di chiarire che “ai fini dell’applicazione della disciplina di cui agli artt. 1469 bis e segg. cod. civ., deve essere considerato “consumatore” la persona fisica che, anche se svolge attività imprenditoriale o professionale, conclude un qualche contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di tale attività, mentre deve essere considerato “professionista” tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che, invece, utilizza il contratto “nel quadro” della sua attività imprenditoriale o professionale. Perchè ricorra la figura del “professionista” non è necessario che il contratto sia posto in essere nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa o della professione, essendo sufficiente – come si evince dalla parola “quadro” – che esso venga posto in essere per uno scopo connesso all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale.” (cfr. ex multis Cass. 11933/2006; Cass. 4208/2007; Cass. 13083/2007; Cass. 21763/2013). Ed è stato altresì statuito che tale valutazione compete al giudice di merito essendo la premessa necessaria della decisione (cfr. Cass. 25212/2011); che, inoltre, trattasi di questione rilevabile d’ufficio (v. al riguardo anche Corte di Giustizia C-243/08 del 4.6.2009, Budaórsi Vàrosi Bírósàg — Ungheria / Pannon GSM Zrt/Erzsébet Sustikné Gy6rfi).>>.

Ed invero, continua la Suprema Corte, <<poiché la censura espressa nel primo motivo costituisce la necessaria premessa per il corretto inquadramento di tutti gli altri rilievi – con particolare riferimento all’applicabilità, alla clausola MPN in esame, dell’art. 1469 bis nn 4 , 15 e 20 c.c.; al valore di essa (accessorio o essenziale) nell’economia dell’intero contratto ; alla responsabilità del gestore recipient in relazione alle omissioni del donating (anche sotto il profilo degli obblighi di cui all’art. 1381 c.c: cfr. al riguardo Cass. 16225/2003; Cass. 24853/2014) – all’accoglimento di esso segue l’assorbimento di tutti gli altri.>>, pertanto, la sentenza impugnata appare meritevole di cassazione con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso Giudice, il quale si atterrà al principio di diritto di seguito affermato.

Conclude la Corte di Cassazione formulando la seguente massima: <<Nell’ambito dei contratti di telefonia mobile, al fine di valutare le pattuizioni contenute nelle condizioni generali di contratto e nelle opzioni prescelte dall’utente, il giudice deve preliminarmente, anche d’ufficio, individuare la qualità dei contraenti al fine di valutare correttamente, alla luce del principio sinallagmatico, l’eventuale squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dalle clausole stipulate e la loro vessatorietà con tutte le conseguenze da ciò derivanti.>>

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Divorzio: ecco la decisione delle Sezioni Unite sull’assegno

Divorzio: ecco la decisione delle Sezioni Unite sull’assegno.

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto il contrasto di giurisprudenza atteso sull’assegno di divorzio dopo la nota sentenza Grilli.

Assegno di divorzio ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa. Questo è quanto affermato dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione che con la sentenza n. 18287/2018 appena depositata hanno risolto l’atteso contrasto giurisprudenziale dopo la nota sentenza Grilli (la n. 11504) che ha mandato in soffitta il criterio del tenore di vita.

Nell’attesa della sentenza integrale, che sarà depositata a breve, gli Ermellini hanno diffuso il comunicato stampa, dove si precisa che ai fini del riconoscimento dell’assegno, “si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto”.

Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo.

La sentenza sottolinea infine “che il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale”.

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Tassa rifiuti: IVA sulle bollette legittime

Tassa rifiuti: IVA sulle bollette legittime.

Per la Cassazione essendo la TIA2 un corrispettivo, sarà dovuta l’Imposta sul Valore Aggiunto.

A differenza delle imposte precedenti, la Tariffa Integrata Ambientale di cui all’art. 238 del d.lgs. 152/2006 (c.d TIA2) deve ritenersi avere natura privatistica, ovvero di corrispettivo e non di tributo. Pertanto, questa sarà assoggettabile a IVA.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell’ordinanza n. 16332/2018 mettendo un punto a una vicenda che aveva visto un contribuente contro un’azienda di rifiuti di Venezia. La pronuncia, tuttavia, è destinata ad avere rilevanti conseguenze non solo nei confronti degli oltre trecento Comuni in cui la TIA2 è stata applicata, ma anche su scala nazionale.

La prima versione, la c.d. TIA1, introdotta nel 1997, era stata espressamente ritenuta dalla Corte Costituzionale (sent. n. 238/2009) un tributo e non una tariffa, ciò comportando, dunque, che l’IVA fosse illegittima non potendosi applicare un’imposta su una tassa.

Diverso, secondo i giudici di legittimità, il discorso riferibile alla TIA2 applicata dal 2006, che rappresenterebbe una tariffa vera e propria, nonostante chiunque produca rifiuti nei Comuni dov’è applicata debba obbligatoriamente pagarla per legge.

È la legge, infatti, a qualificare espressamente come corrispettivo la “Tariffa Integrata Ambientale” (c.d. TIA2): questa, in particolare, è dovuta da “chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani”.

Essa costituisce “il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani”(art. 238, comma 1, d.lgs. 152/2006); la stessa, inoltre, viene “commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri (…) che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali”.

La natura “privatistica” della TIA2, e dunque la sua portata innovativa e ontologicamente diversa rispetto alla precedente TIA1, già desumibile dal tenore della norma istitutiva, è stata poi definitivamente confermata dall’art. 14, comma 33, del d.l. 78/2010, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, il quale ha previsto che “le disposizioni di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tan a, sorte successivamente alla data di entrata in vigore de/presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”.

I giudici concludono, dunque, affermando il principio di diritto secondo cui: “La tariffa di cui all’art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (“Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani”, poi denominata “Tariffa Integrata Ambientale” – c. d. T142 -) come interpretata dall’art. 14, comma 33, del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla L n. 122 del 2010, ha natura privatistica, ed è pertanto soggetta ad IVA ai sensi degli artt. 1, 3, 4, co. II e III del d.p.r. 63311972″.

Ne deriva che, ove tale Tariffa sia stata in concreto adottata dal Comune, esercitando la facoltà concessagli, a decorrere dal 30/6/2010, dall’art. 5, comma 2-quater, del d.l. n. 208/2008, sarà legittima l’imposizione e riscossione dell’IVA sulle relative fatture.

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Caduta del pedone sul lucernario del marciapiede: paga il condominio

Caduta del pedone sul lucernario del marciapiede: paga il condominio.

Per la Cassazione, il condominio è tenuto al risarcimento dei danni subiti dal passante che inciampa nella piastrella mancante che copre il lucernario condominiale.

Quando un bene svolge la funzione di piano di calpestio per i passanti e la funzione di copertura per una proprietà sottostante, il ruolo di custode spetta anche a chi si giova della copertura.
Per tale ragione, è il condominio ad essere tenuto al risarcimento dei danni subiti dalla passante che abbia inciampato nella piastrella mancante di vetrocemento che copre il sottostante lucernario condominiale.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con ordinanza del 19 aprile 2018 n. 9625.

Il giudizio traeva origine dalla domanda proposta da una signora contro il comune di Cosenza per ottenere il risarcimento dei danni sofferti, allorché, mentre camminava sul marciapiede antistante lo stabile condominiale, era caduta a causa della mancanza di una piastrella di vetrocemento che copriva il sottostante lucernario condominiale.
Il comune si difendeva sostenendo di non essere legittimato passivo alla pretesa risarcitoria, in quanto la manutenzione del marciapiede sarebbe stata di competenza del condominio, proprietario del sottostante lucernario.
In ragione di detta eccezione, il tribunale riteneva la causa comune al condominio e ne ordinava la chiamata in causa. Costituitosi in giudizio, il condominio contestava la propria responsabilità adducendo che alla manutenzione avrebbe dovuto provvedere il comune essendo la piastrella parte integrante del marciapiede soggetto al pubblico transito.
Il tribunale, all’esito dell’istruttoria, rigettava le domande nei confronti di entrambi i convenuti ritenendo non agevole individuare se la custodia del marciapiede fosse comunale o condominiale.
Investita della questione, la Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, riconosceva la responsabilità solidale sia del condominio sia del comune.
Secondo gli Ermellini, invece, in virtù del principio di diritto sopraindicato, è sul condominio che incombe il dovere di custodire quel tratto di strada, in virtù della funzione di copertura svolta dal lucernario.

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Etilometro inutilizzabile se i controlli periodici sono fatti in ritardo

Etilometro inutilizzabile se i controlli periodici sono fatti in ritardo.

Per il Tribunale di Belluno il ritardo della visita periodica comporta l’inutilizzabilità dello strumento e la necessità di sottoporlo a una nuova verifica primitiva.

Sempre più spesso la giurisprudenza di merito ci dimostra che l’accertamento della guida in stato di ebbrezza tramite etilometro non sempre è eseguito come dovrebbe e con apparecchi adeguati. Tra le ultime pronunce in proposito, particolarmente interessante è la sentenza numero 288/2018 qui sotto allegata, emanata dal Tribunale di Belluno nella persona della Dottoressa Cristina Cittolin.

In tale sentenza infatti, facendo proprie le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel corso del giudizio, il Tribunale ha innanzitutto ricordato a quali controlli devono sottostare gli etilometri utilizzati dagli agenti accertatori.

Tali apparecchi, nel dettaglio, prima di essere messi in servizio devono essere sottoposti alla visita primitiva. Successivamente, gli etilometri devono essere assoggettati a delle visite periodiche, da eseguire con cadenza annuale o dopo ogni intervento di manutenzione e riparazione.

Le date e gli esiti di tutte tali visite vanno indicati nel libretto metrologico, in maniera tale da permettere in maniera celere la verifica della loro esecuzione, della loro regolarità e della loro tempestività.

In ragione dell’esigenza di garantire l’efficienza, l’affidabilità e la precisione degli etilometri, la conseguenza del ritardo nell’esecuzione della verifica periodica, a detta del giudice di Belluno, è quella della sua irregolarità. Inoltre, in caso di verifica periodica tardiva (così come, a maggior ragione, in caso di difetto di visita periodica) l’apparecchio di misurazione del tasso alcolemico deve essere o ritirato dall’uso o sottoposto a nuova verifica primitiva, di collaudo e di messa in funzione, che è caratterizzata da un numero maggiore di prove rispetto a quello in cui si articola la visita periodica ordinaria.

Nel caso di specie, l’etilometro con il quale era stato accertato lo stato di ebbrezza dell’imputato non era stato sottoposto a verifica né nel 2003 né nel 2013 e tutte le altre visite erano avvenute con significativo ritardo.

Per tale ragione, quindi, per il giudice tale apparecchio deve essere considerato inaffidabile e i tassi alcolemici con lo stesso accertati non possono essere utilizzati. L’imputato, pertanto, non può che essere assolto perché il fatto non sussiste.

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