Appalti: non occorre dichiarare le condanne subite per fattispecie depenalizzate

Appalti: non occorre dichiarare le condanne subite per fattispecie depenalizzate.
Il T.A.R. Veneto, con la sentenza n. 161, resa dalla Prima Sezione mediante il depositato avvenuto il 15/02/2016, ha respinto il ricorso, proposto dalla seconda classificata ad una gara per l’affidamento in concessione della gestione di tre residenze sanitarie, con la quale si mirava a far dichiarare l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta a favore di una società a causa del fatto che il rappresentante legale di quest’ultima non avesse dichiarato, nei moduli all’uopo predisposti, di aver subito ben cinque condanne penali passate in giudicato.
L’assunto della ricorrente era basato sulla circostanza che, così facendo, la stazione appaltante non si era resa conto che aver ammesso alla procedura quel concorrente aveva costituito una violazione dell’art. 38, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 163/2006, atteso che questa norma impedisce la partecipazione a quei soggetti che non possono garantire la c.d. “moralità professionale” in quanto destinatari di condanna passata in giudicato per fattispecie costituenti “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità”.
Premesso che dal testo della decisione in commento non si evince quali siano state le condotte che hanno comportato le condanne in questione, e che quindi non è possibile arguire se quei reati potessero effettivamente ritenersi compresi nel novero di quelli che sono idonei ad inficiare la moralità professionale (anche se, per quanto si dirà in prosieguo, è presumibile sostenere che le condotte sanzionate non fossero né gravi né rilevanti sotto il profilo della tipologia dei reati commessi e che pertanto non sarebbero state causa di esclusione dell’impresa di cui il responsabile era rappresentante legale) ciò che rileva è che i Giudici veneziani hanno esaminato la questione mettendo in evidenza come la P.A. affidante abbia applicato la medesima disposizione legislativa, che la ricorrente riteneva essere stata violata, avuto riguardo a quanto prescrive in ordine al fatto che “l’esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima”.
Aggiungasi che il secondo comma dell’art. 38 medesimo specifica, soffermandosi in particolare sulla compilazione dei documenti da presentare con l’offerta, che “il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione”.
Ed infatti il T.A.R. Veneto ha rimarcato che tre delle cinque condanne passate in giudicato fossero state comminate proprio per reati oramai depenalizzati e che le restanti due fossero riconducibili in realtà ad un decreto penale di condanna non solo non ancora irrevocabile bensì non conoscibile dalla concorrente poiché tale provvedimento mai gli era stato notificato, senza trascurare la circostanza che il certificato del casellario giudiziale, richiesto dalla controinteressata e prodotto in sede di gara, nulla riportava sul punto.
Ne è derivato che le doglianze della seconda classificata non sono state considerate meritevoli di accoglimento, posto che non vi erano dubbi sulla bontà dell’operato dell’Azienda sanitaria indicente la procedura di selezione.
In giurisprudenza si è affermato più volte che la mancata menzione delle condanne subite per fattispecie di reato poi depenalizzate non è suscettibile di intaccare la moralità professionale, ragion per cui il concorrente che ha omesso le relative dichiarazioni non può essere sanzionato con l’espulsione dalla procedura: ad esempio ““Nell’ipotesi di partecipazione a gare d’appalto, nei casi di condanne per reati estinti o depenalizzati la omissione dichiarativa non incide sulla tematica della completezza della dichiarazione in funzione dell’esercizio della discrezionalità amministrativa sulla gravità della condanna e della sua rilevanza o meno ai fini partecipativi; è il fatto stesso della condanna ad essere divenuto, per effetto di una valutazione operata a monte dal legislatore, tamquam non esset, e tanto sia agli effetti penali, sia agli effetti extrapenali, in relazione a quelle fattispecie normative – come l’art. 38 del Codice dei contratti pubblici – in cui la condanna penale è assunta ad elemento paradigmatico di una possibile pericolosità o quantomeno inaffidabilità morale del soggetto che ne sia stato colpito” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 3/09/2013, n. 4392)”” (T.A.R. Salerno, Sez. I, sent. n. 8 del 13/01/2016); nello stesso senso si vedano altresì T.A.R. Roma, Sez. III Ter, sent. n. 12980 del 16/11/2015; T.A.R. Catanzaro, Sez. I, sent. n. 1243 del 24/07/2015; T.A.R. Bari, Sez. I, sent. n. 387 del 05/03/2015; T.A.R. Sardegna, Sez. I, sent. n. 337 del 13/02/2015.
La portata precettiva dell’art. 38, commi 1, lett. c) e 2 dell’art. 38 del Codice dei Contratti Pubblici, del resto, appare sufficientemente chiara: impedire che un concorrente possa venire espulso da una procedura ad evidenza pubblica nell’ipotesi in cui lo stesso non abbia dichiarato che i soggetti menzionati dalla medesima disposizione legislativa abbiano subito delle condanne per reati che siano stati successivamente oggetto di depenalizzazione.
Una simile impostazione, almeno a parere di chi scrive, è condivisibile: sarebbe infatti incongruo sostenere da un lato la necessità di evitare che possano divenire contraenti con le PP.AA. soggetti dichiarati responsabili di reati gravi e, dall’altro, imporre agli offerenti, sotto pena di esclusione, di indicare le condanne subite per fattispecie che, in quanto depenalizzate, lo stesso Legislatore, evidentemente, non ritiene essere più (ammesso che lo fossero state in precedenza) connotate dal requisito della gravità.
Tutto ciò comporta che, come nel caso deciso dal T.A.R. Veneto con la sentenza in rassegna, nessuna conseguenza negativa può subire il concorrente che omette di dichiarare le condanne penali subite qualora quella fattispecie sia stata poi depenalizzata.

fonte: http://www.altalex.com/

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