Tar Lazio: basta il voto numerico negli scritti dell’esame di avvocato

Tar Lazio: basta il voto numerico negli scritti dell’esame di avvocato.
 
In attesa dell’entrata in vigore della previsione della legge n. 247/2012 va confermata la giurisprudenza tradizionale del Consiglio di Stato sul tema.
 
Va respinto il ricorso dell’aspirante avvocato che lamenta l’insufficienza del voto numerico e la mancanza di un’effettiva motivazione, la genericità dei criteri di correzione e la palese insufficienza del tempo dedicato alla revisione e valutazione degli elaborati.
 
Nonostante le disposizioni della legge n. 247/2012, va condivisa giurisprudenza prevalente sul tema stante la scelta del legislatore di differire l’entrata in vigore del provvedimento.
 
Lo ha stabilito il TAR Lazio, sez. II Ter, nella sentenza n. 2162/2016, sul ricorso promosso da una candidata all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato.
La ricorrente si duole dell’illegittima omessa ammissione alle prove orali dell’esame, avendo conseguito tre valutazioni negative con 25 punti per ogni prova scritta.
 
La candidata deduce il difetto di motivazione, l’assoluta genericità dei criteri di correzione, il difetto del profilo procedurale, la illogicità ed irragionevolezza del giudizio negativo. secondo le quali le novità della novella di cui alla l. 31.12.2012, n. 247, art. 46, comma 5, in punto di motivazione mediante annotazione diretta sull’elaborato da esaminare, pur non essendo ancora entrata in vigore ha efficacia ermeneutica atta ad orientare l’interpretazione del quadro legislativo precedente.
 
A sostegno della propria tesi, parte ricorrente invoca precedenti specifici dello stesso TAR Lazio: in effetti il Collegio conferma che con tali provvedimenti si era intrapreso uno sforzo di rivedere criticamente il sistema di elaborazione dell’esame degli elaborati delle prove scritte dell’esame di abilitazione allo svolgimento della professione legale, basandosi sul principio cardine della valenza interpretativa delle nuove norme in relazione alla previgente disciplina.
 
Tuttavia, gli approfonditi sforzi ermeneutici, volti in sostanza ad anticipare gli effetti della riforma per rispondere all’esigenza fortemente avvertita di maggiore trasparenza nelle valutazioni ed uniformità di giudizio, non sono valsi a superare l’orientamento, di segno del tutto opposto, del giudice di appello.
 
Il Consiglio di Stato, ancorché in sede cautelare, ha ritenuto in particolare che nessun rilievo può annettersi alla disposizione dell’art. 46 comma 5 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 in funzione del tenore del successivo art. 49, che tiene ferma l’applicabilità delle norme previgenti “…sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame… ” per i primi due anni successivi all’entrata in vigore della legge.
 
Il TAR sceglie quindi di uniformarsi a tale chiaro indirizzo evidenziando che il legislatore ha indubbiamente cercato di rimediare all’esigenza di scissione tra la dimensione numerica del criterio di valutazione che avrebbe solo valore descrittivo del giudizio e le ragioni vere e proprie di quest’ultimo. Oltre ad aver modificato la norma di riferimento, ne ha però anche differito l’entrata in vigore per un determinato periodo di tempo, così esprimendo una scelta di equilibrio tra le esigenze di maggiore
trasparenza cui si è accennato, e quelle di maggiore efficienza e speditezza della correzione degli elaborati che il meccanismo del voto numerico ha sin’oggi perseguito.
 
La giurisprudenza tradizionale sul tema va dunque confermata, posto che nel sistema di esame che si fonda (anche per l’anno interessato dalla ricorrente) sul sistema tradizionale, il voto numerico è esso stesso il giudizio, e la motivazione di esso è data dal riferimento ai criteri predeterminati dalla stessa Commissione.
 
Nei concorsi pubblici, prosegue il TAR, la stringatezza dei tempi di correzione degli elaborati costituisce vicenda normalmente sottratta al controllo di legittimità; la relativa censura deve essere ritenuta inammissibile, ove sia prospettata non in relazione ad un dato assoluto (tempo effettivamente occorso), ma ad un dato relativo (tempi medi di correzione), facendo risaltare l’assenza di alcuna prova o indizio dell’asserita incongruità del tempo occorso alla correzione delle prove della parte interessata, risultando dai verbali solo l’indicazione del tempo occorso alla correzione degli elaborati svolti da un certo numero di candidati.
 
Bisogna quindi confermare l’inammissibilità della censura avanzata nei ricorsi proposti avverso gli esiti delle procedure concorsuali volta a denunciare i tempi medi impiegati dalla competente commissione per l’esame degli elaborati scritti, poichè è impossibile stabilire quali e quanti candidati hanno fruito di maggiore o minore attenzione, visto che la congruità del tempo impiegato va valutata anche con riferimento alla consistenza degli elaborati ed alle problematiche di correzione dagli stessi emergenti, con la conseguenza che ai tempi medi impiegati non può riconoscersi alcun decisivo rilievo inficiante il procedimento valutativo.
 
Ancora, prosegue il TAR, per la legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, di apposizione di glosse, non vi è necessità di segni grafici o indicazioni di qualsiasi tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi.
 
Il vizio di illogicità o di manifesta incongruità del giudizio espresso numericamente sulle tracce della candidata odierna ricorrente si sostanzia in una domanda di revisione del punteggio nel merito di esso, con la conseguenza che tende ad ottenere la sovrapposizione di un nuovo giudizio da parte del giudice amministrativo in sostituzione della commissione d’esame e ciò vale in ordine anche alla sola delibazione del vizio ai fini dell’accoglimento per il riesame da parte di diversa commissione.

fonte: http://www.studiocataldi.it/

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