Stalking anche se la vittima “concilia”

Stalking anche se la vittima “concilia”.

Per la Cassazione l’atteggiamento apparentemente tranquillo della vittima, volto a non aggravare la situazione, non determina il venir meno dello stalking ove sussistano gli elementi del reato.

Non sfugge all’accusa di stalking la ex fidanzata se la vittima risponde ai suoi atteggiamenti molesti e petulanti, comprese insistenti telefonate, con apparente tranquillità e atteggiamento talvolta conciliante per non aggravare la situazione.

Con la sentenza n. 27466/2018, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna nei confronti di una donna sia per il delitto di cui all’art. 612-bis c.p. che per quello di danneggiamento aggravato.

In Cassazione l’imputata tenta di difendersi censurando la sentenza di condanna nella parte in cui non avrebbe tenuto conto dell’atteggiamento conciliante della presunta vittima, che aveva sempre risposto alle sue telefonate ritenute moleste, intrattenendosi anche a parlare con lei.

Inoltre, la persona offesa neppure aveva cambiato numero, con ciò dimostrando di non aver subito dai comportamenti della donna alcun turbamento psicologico e quindi l’assenza di ogni pregiudizio e degli eventi tipici del delitto, ovvero una condizione in cui si poteva liberamente vivere la propria quotidianità.

Per la Cassazione, tuttavia, il motivo di impugnazione non merita accoglimento vista la motivazione con cui la Corte d’Appello ha giustificato la conferma della responsabilità dell’imputata.

La persona offesa aveva testimoniato infatti, che a fronte della reiterata petulanza della donna, e conoscendo la sua fragilità psicologica, non aveva saputo come comportarsi e per questo talvolta aveva assunto un atteggiamento conciliante, mentre in altre occasioni non aveva risposto al telefono oppure era stato addirittura brusco.

Inoltre, il teste ha chiarito che non aveva potuto cambiare numero di telefono per motivi di lavoro, avendo moltissimi clienti che erano a conoscenza di quel recapito telefonico.

La motivazione dei giudici a quo, che la Cassazione ritiene scevra da vizi, ha poi esaminato tutti gli aspetti della fattispecie incriminante, descrivendo le plurime precauzioni a cui la persona offesa era stata costretta per prevenire e o rimediare ai comportamenti inurbani e molesti dell’imputata e quindi i cambiamenti di abitudini di vita nonché il costante stato d’ansia e paura in cui incorreva la vittima a causa di quelle condotte comprovate anche dalle dichiarazioni concordi di altri testimoni.

I giudici, inoltre, si pronunciano anche sulle contestazioni circa il reato di danneggiamento aggravato, ex art. 635 c.p. in relazione all’art 625, n. 7 c.p.: avendo il danneggiamento, in ipotesi, riguardato automobili parcheggiate sulla pubblica strada ed esposte alla pubblica fede questa fattispecie esula dalla depenalizzazione di cui al d.lgs. 7/2016 ed è dunque perseguibile d’ufficio.

fonte: http://www.studiocataldi.it/

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