Aggiudicazione dell’appalto: da quando decorre il termine per impugnare gli atti

Aggiudicazione dell’appalto: da quando decorre il termine per impugnare gli atti.

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato conferma, con la sentenza n. 119 depositata il 18/01/2016, l’orientamento predominante a proposito del termine per impugnare gli atti relativi ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

Nella fattispecie sottoposta al suo esame, infatti, il Supremo Organo di Giustizia Amministrativa ha respinto l’appello proposto da una società avverso la sentenza di primo grado (n. 4409/2015 emessa dal T.A.R. Napoli) mediante la quale il ricorso era stato dichiarato irricevibile per tardività.

A tale conclusione il Tribunale campano era giunto rilevando come l’atto introduttivo del giudizio fosse stato notificato oltre i ristretti termini previsti all’uopo dalla normativa (ossia, come noto, entro trenta giorni dal momento della conoscenza del provvedimento ritenuto lesivo) atteso che la ricorrente, poiché prima di ricevere la comunicazione formale che l’aveva resa edotta dell’esito della procedura di selezione cui aveva partecipato aveva chiesto alla stazione appaltante di operare in autotutela rimuovendo il provvedimento di aggiudicazione definitiva, aveva con ciò implicitamente ammesso che l’impresa stessa avesse già avuto modo di conoscere almeno uno dei motivi per i quali riteneva illegittimo il provvedimento medesimo poi impugnato.

In particolare, e la circostanza ha avuto effetto dirimente per decidere la controversia, è risultato che tra l’istanza inoltrata per procedere in autotutela e la notificazione del ricorso introduttivo innanzi al T.A.R. partenopeo fossero trascorsi più di trenta giorni.

Appurato ciò, sia in primo grado che in appello i Giudici Amministrativi hanno rigettato i ricorsi, aderendo all’orientamento giurisprudenziale che, in tema di applicazione dell’art. 79 D.Lgs. 163/2006, rubricato “Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni”, combinato coi principi generali del processo amministrativo ed in particolare con quanto previsto dall’art. 41, comma 2, D.Lgs. 104/2010 (c.d. “codice del processo amministrativo”), suggerisce di far decorrere il termine a disposizione per l’impugnazione del provvedimento a partire dal momento in cui il soggetto ne ha avuto conoscenza, a prescindere dalle concrete modalità utilizzate dall’Amministrazione per renderlo noto.

Su quest’ultimo punto si deve rammentare la disposizione riportata dall’art. 120, comma 5, c.p.a., dedicato proprio alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, il quale stabilisce che “per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto. Per il ricorso incidentale la decorrenza del termine è disciplinata dall’articolo 42”.

Occorre a questo punto sottolineare che i commi 5 e 5-bis dell’art. 79 suddetto prescrivono dei precisi adempimenti che le stazioni appaltanti debbono rispettare in tema di informazioni relative ai contratti pubblici, come ad esempio la necessità che queste siano effettuate secondo le modalità ivi stabilite (lettera raccomandata, fax o posta elettronica certificata) e, soffermandosi in particolare sulla comunicazione di avvenuta aggiudicazione definitiva, decretano che questa sia inoltrata ai partecipanti rimasti in gara entro cinque giorni dalla sua adozione.

Sennonchè si è sviluppato un sostanzioso filone interpretativo, confermato da numerose statuizioni, in base al quale si è affermato, sulla scorta dell’art. 120, comma 5, c.p.a. sopra riportato, come il termine per proporre l’impugnazione debba considerarsi decorrente dal momento in cui il concorrente ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico abbia avuto contezza dei provvedimenti astrattamente lesivi della propria posizione, e quindi a prescindere dall’eventuale ricezione della comunicazione enunciata nell’art. 79 D.Lgs. 163/2006.

Si è ad esempio stabilito che la presenza di un rappresentante del concorrente, munito di apposita delega rilasciatagli dal titolare della partecipante, alla seduta nel corso della quale si è assunto il provvedimento lesivo, sia idonea a ritenere conosciuto il provvedimento stesso, evitando pertanto la necessità che la stazione appaltante invii poi all’offerente la relativa comunicazione.
Si vedano tra gli altri Cons. di Stato, Sez. III, sent. n. 3126 del 18/06/2015, laddove si legge “la Sezione richiama l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che ha rilevato: “La piena conoscenza delle motivazioni dell’atto di esclusione implica la decorrenza del termine decadenziale a prescindere dall’invio di una formale comunicazione ex art. 79, co. 5, del codice dei contratti pubblici. Merita, infatti, condivisione l’indirizzo ermeneutico alla stregua del quale l’art. 120 co. 5 c.p.a., non prevedendo forme di comunicazione “esclusive” e “tassative”, non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, con precipuo riferimento alla possibilità che la piena conoscenza dell’atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, sia acquisita, come accaduto nel caso di specie, con forme diverse di quelle dell’art. 79 cit.” (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2013, n. 1204; sez. III, 22 agosto 2012, n. 4593; sez. VI, 13 dicembre 2011, n. 6531; V, 6284 del 27 dicembre 2013)”; nello stesso senso, tra le molte, anche Cons. di Stato, Sez. III, sent. n. 4982 del 30/10/2015; id., Sez. VI, sent. n. 6156 del 15/12/2014.

Si segnala anche Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 740 del 17/02/2014, in cui addirittura si evidenzia la possibilità che il provvedimento si presume conosciuto anche se il soggetto presente a quella seduta della commissione giudicatrice sia privo di apposita delega: “per la piena conoscenza degli atti di gara da parte di un’impresa è dunque sufficiente che alla seduta della Commissione giudicatrice sia presente un soggetto che – a prescindere dal conferimento di specifica e valida delega ovvero dall’esercitare una specifica carica sociale — si qualifichi come rappresentante della stessa ed, in conseguenza, venga indicato così nel relativo verbale.

Ciò perché in tale veste egli ha comunque la possibilità di presentare osservazioni, contestazioni, o comunque di far luogo a specifiche iniziative a tutela delle ragioni dell’impresa a fronte delle specifiche determinazioni assunte dall’organo di gara (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V 14 maggio 2013 n. 2614)”.

Tornando all’esame della sentenza in rassegna, si evidenzia che anche in questo caso si è fatta applicazione dei principi summenzionati dato che, ancorchè non si fosse in presenza di una accertata presenza di qualche delegato della concorrente alle operazioni di gara, si è nondimeno confermata l’irricevibilità dell’originario ricorso in virtù dell’incontestabile conoscenza già acquisita del provvedimento di aggiudicazione definitiva, preso atto del contenuto dell’istanza per suscitare l’autotutela della stazione appaltante, quest’ultima inoltrata più di trenta giorni prima della notificazione del gravame.

Ragion per cui il ricorso avrebbe dovuto essere proposto entro il predetto termine decadenziale, calcolato dal giorno della presentazione dell’istanza e non da quello della ricezione della notizia, da parte della P.A. indicente la gara, della decretata aggiudicazione definitiva.

fonte: http://www.altalex.com/

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