Cassa forense, sospesi i versamenti per tutti gli avvocati

Cassa forense, sospesi i versamenti per tutti gli avvocati.
Per tutti gli iscritti stabilita la sospensione dei termini di tutti i versamenti e degli adempimenti previdenziali fino al 30 settembre 2020 e adottate misure urgenti a tutela della salute

La Cassa forense adotta misure urgenti a tutela della salute e sospende i termini di tutti i versamenti e degli adempimenti previdenziali fino al 30 settembre 2020.

1) Cassa forense, sospensione dei termini.
In relazione alla situazione eccezionale determinatasi in conseguenza dell’emergenza sanitaria da coronavirus, la Cassa forense ha deciso di sospendere i termini dei versamenti e degli adempimenti previdenziali forensi fino al 30 settembre 2020 per tutti gli iscritti. La comunicazione è stata data dal sito dell’ente lo scorso 11 marzo. Con il provvedimento si estendono a tutti gli avvocati del Paese iscritti alla Cassa le misure già adottate per gli iscritti residenti e/o esercenti nei Comuni di quella che era stata definita “zona rossa”.

2) Cassa forense, la card.
Inoltre, gli iscritti e le loro famiglie possono gratuitamente attivare una card per avere tariffe agevolate presso una serie di strutture convenzionate. L’elenco delle strutture è consultabile dal sito https://www.viscard.valoreinsanita.it. L’attivazione, possibile da  giovedì 12 marzo, e va fatta attraverso dalla sezione riservata agli iscritti del sito di Cassa forense, Cliccando su «Chiedi VIS CARD» si otterrà un codice personale da utilizzare per la registrazione sul sito di VIS-Valore in Sanità. La carta ha durata di 12 mesi e potrà essere utilizzata da tutto il nucleo familiare. Il costo del servizio sarà a carico di Cassa forense.

3) Cassa forense, consulenze mediche a distanza.
Sempre per gli iscritti, e per i loro familiari, è disponibile un servizio di consulenze mediche a distanza. Si tratta di un servizio previsto nell’ambito della vigente convenzione con AON, riguardante la consulenza telefonica o di video-consulto, destinato a tutti gli iscritti che presentino evidenti sintomi che possano essere riconducibili all’epidemia in corso. Sarà possibile effettuare, 24 ore su 24, consulti medici in videochiamata o via telefono con il servizio medico della centrale operativa richiedendo informazioni di natura medica in riferimento all’emergenza sanitaria in corso e, in particolare, potranno essere fornite: valutazione di eventuali sintomi in corso e indicazioni circa il protocollo più adeguato da seguire. Il numero telefonico della centrale operativa da contattare per fruire del servizio di consulenza sanitaria è il seguente: 039.65546064 ed è attivo da venerdì 13 marzo, per un periodo di quattro mesi e un numero massimo di 2.500 consulti. L’iscritto dovrà identificarsi all’operatore mediante il codice FOREN001.

fonte: http://www.studiocataldi.it/

Coronavirus e smart working senza vincoli

Coronavirus e smart working senza vincoli

Per minimizzare spostamenti e presenze sul luogo di lavoro, il datore di lavoro favorisce anche la fruizione delle ferie e dei congedi

Con l’avvento dell’emergenza coronavirus per minimizzare spostamenti e le presenze sul luogo di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a favorire l’istituzione dello smart working laddove possibile, nonché la fruizione di ferie e congedi. Ad affermarlo è Dpcm 9 marzo 2020, Gazzetta Ufficiale n. 62 del 9 marzo 2020. Già qualche giorno fa, il lavoro agile, il ministro alla PA Dadone ha inviato una circolare per la sua disciplina nella pubblica amministrazione.

1) Smart working, zero vincoli

La circolare n. 1 del 2020 riguarda le “Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa”. È stato il decreto legge 9 del 2020, per intenderci il secondo decreto sull’emergenza Coronavirus, che ha «superato il regime sperimentale dell’obbligo per le amministrazioni di adottare misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa con la conseguenza che la misura opera a regime». L’emergenza dà la spinta per attuare previsioni che in teoria sono vigenti dall’agosto del 2015, quando entrò in vigore la legge124/2015, la legge-delega di alcune delle riforme Madia. La circolare si riferisce all’obbligo per le p.a. di adottare misure organizzative per il lavoro agile e a fissare obiettivi annuali per giungere, entro tre anni, ad almeno il 10% dei dipendenti che lo richiedano di avvalersi di tali modalità.

2) Smart working, cosa è necessario

Cosa serve per l’attivazione del lavoro agile sarà necessario fornire in modalità telematica al dipendente e ai rappresentati dei lavoratori per la sicurezza, l’informativa sulla sicurezza prevista dall’art. 22 della L. n. 81/2017. Si può utilizzare anche la documentazione Inail. La comunicazione obbligatoria dovrà essere deposita sul portale entro 5 giorni dall’avvio della prestazione di lavoro agile, considerandola trasformazione del rapporto di lavoro.

Ancora le riunioni devono essere limitate e da preferire le modalità di collegamento da remoto con particolare riferimento a strutture sanitarie e sociosanitarie, servizi di pubblica utilità e coordinamenti attivati nell’ambito dell’emergenza da Coronavirus, garantendo il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro.

3) Smart working, come attuarlo

La precedente circolare chiarisce che servirà avvalersi del lavoro agile come forma più evoluta anche di flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, andando oltre il telelavoro. Da qui la necessità di spingere per l’utilizzo di soluzioni applicative nel cloud, per consentire l’accesso condiviso a dati, informazioni e documenti. In ultimo dovranno essere implementati gli strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro (sistemi di videoconferenza e call conference). La circolare spinge l’acceleratore su modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa «anche nei casi in cui il dipendente si renda disponibile ad utilizzare propri dispositivi, a fronte dell’indisponibilità o insufficienza di dotazione informatica da parte dell’amministrazione, garantendo adeguati livelli di sicurezza e protezione della rete secondo le esigenze e le modalità definite dalle singole pubbliche amministrazioni».Tutto questo presuppone che in molti casi le p.a. non riescano ad andare oltre la forma dell’invito, soprattutto nelle tante pubbliche amministrazioni che finora non si sono seriamente mosse per far partire lo smart working. Anche perché per dare davvero la possibilità ai dipendenti di lavorare da remoto occorre ripensare a fondo le procedure interne.

4) Smart working e sanzioni

Che cosa cambia dunque se la normativa era già presente? Dovrebbero intanto partire anche le sanzioni ai dirigenti degli uffici che non si adeguano. Nello specifico si concretizzerebbero in valutazioni negative che finirebbero per colpire la quota di busta paga legata ai risultati. Ma sull’attuazione, da portare avanti «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica», e sul monitoraggio, restano tanti dubbi.

5) Agevolare ferie e congedi

La normativa invita le aziende pubbliche e private, fino al 3 aprile 2020, a promuovere la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie. E il consenso del lavoratore non serve.

fonte: http://www.studiocataldi.it/

La responsabilità della guardia medica

La responsabilità della guardia medica.
La guardia medica è responsabile se non effettua una visita domiciliare urgente, ma non quando il suo intervento potrebbe risultare una perdita di tempo

La guardia medica è responsabile penalmente in ogni caso in cui, durante il suo turno, non effettui repentinamente gli interventi richiesti dagli utenti a livello territoriale che risultino essere urgenti.

Sebbene tale professionista abbia il potere di valutare la necessità o meno di visitare il paziente, tenendo conto della sintomatologia riferitagli, in caso di contestazione, il giudice può comunque sindacare la scelta del sanitario laddove la stessa risulti arbitraria e ingiustificata.

Responsabilità guardia medica: rifiuto di atti d’ufficio.
Tale affermazione trova ampio riscontro nella giurisprudenza, anche molto recente, che ha individuato la fattispecie penale integrata dalla guardia medica che tenga un simile comportamento nel reato di rifiuto di atti d’ufficio.

Possiamo citare, ad esempio, la sentenza n. 34535/2019, nella quale si legge che “integra il rifiuto di atti d’ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente, nella persuasione a priori della ” enfatizzazione” dei sintomi denunciati dal paziente posto che l’esercizio del potere – dovere di valutare la necessità della visita sulla base della sintomatologia esposta, sicuramente spettante al professionista, è comunque sicuramente sindacabile da parte del giudice al fine di accertare se esso non trasmodi nell’assunzione di deliberazioni ingiustificate ed arbitrarie, scollegate dai basilari elementi di ragionevolezza desumibili dal contesto storico del singolo episodio e dai protocolli sanitari applicabili”.

Guardia medica e 118
La guardia medica commette il reato di omissione di atti d’ufficio anche quando non si limita a non aderire alla richiesta di intervento domiciliare urgente, ma suggerisce al paziente di richiedere l’intervento del 118 per il trasporto in ospedale. In tale ipotesi, infatti, è evidente che il medico è consapevole del fatto che la situazione denunciatagli telefonicamente richiede l’intervento tempestivo di un sanitario e, pertanto, è connotata di una certa gravità che richiederebbe una maggiore diligenza (v. Cass. n. 35344/2008 e, più di recente, Cass. n. 8377/2020).

In ogni caso, prima di giudicare bisogna prestare particolare attenzione alle circostanze del caso concreto: se l’intervento domiciliare si rivela inutile o, addirittura, potenzialmente dannoso per la perdita di tempo che potrebbe cagionare nella corretta gestione del caso clinico lamentato dal paziente, la guardia medica non può rispondere penalmente per non essersi recata a casa del malato, limitandosi a suggerirgli di chiamare il 118. Né le può essere addebitata la circostanza di non aver provveduto personalmente a contattare tale servizio (v. Cass. n. 226/2015)

Responsabilità della guardia medica: reato di pericolo
In ogni caso, quando il delitto di rifiuto di atti d’ufficio è astrattamente integrato, non basta a salvare la guardia medica la circostanza che il paziente abbia subito un danno effettivo dall’omesso intervento domiciliare.

Come ricordato dalla Corte di cassazione (v. sentenza n. 8377/2020 citata sopra), infatti, “il delitto descritto nell’art. 328 cod. pen. è reato di pericolo, perché prescinde dalla causazione di un danno effettivo e postula semplicemente la potenzialità del rifiuto a produrre un danno o una lesione”.

fonte: http://www.studiocataldi.it/